La città della cura

In primo luogo, è necessario osservare che, nei circa due mesi di lockdown tra marzo e maggio, la gran parte delle riflessioni e dei progetti dedicati a immaginare il futuro della città e dell’abitare dopo la pandemia sembrano aver sofferto di una certa deviazione epistemologica, forse prodotta dalla “paralisi emotiva” indotta dal panico, dall’incertezza del futuro. Ribadendo che, metodologicamente, è sempre meglio assumere una distanza critica rispetto all’oggetto dell’indagine, evitando di lavorarci da una posizione troppo embedded, ciò che appare eclatante è la debolezza di molte posizioni concettuali, quasi sempre prive di una riflessione coerente sui problemi da affrontare.

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