I sintomi dello spazio

I sintomi dello spazio

Corpo architettura città

Mimesis, 2020

“L’architettura non è fatta di soltanto di materia inerte: ospita l’esistenza umana e di essa si anima. Noi stessi risuoniamo con lo spazio che emerge dal mondo, e il nostro corpo alimenta il sentire con i suoi movimenti, le contrazioni ed espansioni sintomo degli affetti che incontriamo. Esplorare l’architettura con la lente del corpo significa scendere nella profondità dello spazio vivente, mettendo in luce l’affettività e l’atmosfera che questa è in grado di generare.”

La descrizione dello spazio architettonico e della città passa, di norma, attraverso una pratica di elencazione delle sue parti costitutive, ponendo dunque al centro dell’osservazione la dimensione materiale degli oggetti alle varie scale. Attraverso quelli che vengono comunemente considerati gli strumenti propri della disciplina, ovvero le tecniche del disegno geometrico misurato, si possono produrre rappresentazioni esatte e altamente attendibili della consistenza fisica degli oggetti architettonici. Tuttavia, questa pratica fondata nella radice della cultura moderna risulta sostanzialmente incapace di cogliere l’eccedenza cognitivamente impenetrabile dello spazio vissuto e dell’esperienza che ne fa il soggetto. Questo volume, dunque, illustra tale dimensione non misurabile attraverso la descrizione incentrata sull’esperienza diretta del soggetto che abita lo spazio. A questo scopo, il testo deriva le sue basi teoriche dall’estetica fenomenologica contemporanea, che considera il corpo vissuto quale cassa di risonanza dell’ambiente e dello spazio costruito.

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Affective Spaces

Affective Spaces

Architecture and the living body

Routledge, 2021

This book explores the notion of affective spacein relation to architecture. It helps to understand the first-person, direct experience of the environment and how it impacts on a person’s emotional states, influencing their perception of the world around.

Affective space has become a central notion in several discussions across philosophy, geography, anthropology, architecture, etc. However, only a limited selection of its key features finds resonance in architectural and urban theory, especially the idea of atmospheres, through the work of German phenomenologist Gernot Böhme. This book thus brings to light a wider range of issues bound to lived corporeal experience. These further issues have only received little attention in architecture, where the discourse on affective space mostly remains superficial. The theory of atmospheres, in particular, is often criticized as being a surface-level, shallow one, as it is introduced in an unsystematic and fragmented fashion and a mere “easy to use” segment of what is a wider and all but impressionistic analytical method. This book therefore provides a broader outlook on the topic and creates an entry point into a hitherto underexplored field.

The book’s theoretical foundation rests on a wide range of non-architectural sources, primarily from philosophy, anthropology and the cognitive sciences, which is strengthened through cases drawn from actual architectural and urban space. These cases thus make the book more comprehensible for readers not versed in contemporary philosophical trends.

Published November 23rd, 2020.

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Review by Jasna Sersic

Una Scossa Eredità. L’Aquila, dieci anni dopo

Eredità, patrimonio: termini ampi che coprono una vasta gamma di significati, moltiplicando le sfumature passando da una cultura all’altra. Sono anche legati al contesto: persino in un singolo ambito culturale, possono mutare nel passaggio da una città all’altra. Prendiamo come caso L’Aquila: se il 2019 marca il decennale del devastante terremoto del 6 aprile, come potrebbe essere inteso il senso della sua eredità? In che modo si sovrappone con quanto questo significa in altre città italiane, che non hanno vissuto lo stesso trauma? In che modo tale eredità può essere resa produttiva, per immaginare e creare la futura urbanità dell’Aquila?
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Vita nello spazio

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Vita nello spazio

Sull’esperienza affettiva dell’architettura

Mimemis, 2019

“L’esperienza dello spazio è un viaggio sentimentale compiuto dal soggetto nell’abitare l’ambiente. È la cronaca del primo incontro, un istante fugace eppure dotato di ineffabile durata, capace di dare vita al nostro senso di presenza: un’esperienza affettiva, sentita nel corpo che si muove e avverte il suo stesso movimento. L’architettura, come paratesto dell’abitare umano, orienta il percorso di questo viaggio, nei modi e con gli strumenti di una più vasta dinamica del trovarsi nel mondo.”

Sin dalla fine del XIX secolo, il termine spazio ricorre costantemente nella letteratura architettonica: tuttavia, a fronte di questa centralità, la riflessione teorica in merito appare oggi inadeguata, minata da una vaghezza che la rende inapplicabile come strumento per la pratica del progetto.
Nelle scienze umane, negli ultimi venti anni si è assistito a uno spatial turn che ha investito trasversalmente la geografia umana, l’antropologia e la filosofia, con ramificazioni nelle scienze cognitive. Le ricadute di questa evoluzione culturale sull’architettura sono state occasionali e asistematiche: questo volume si pone dunque l’obiettivo di declinare tali saperi verso il progetto architettonico, tramite la descrizione di un modello di spazio che tenga conto della complessità e ricchezza dell’esperienza che il soggetto fa dell’ambiente. Al centro dell’indagine viene posta la relazione dinamica tra percezione, movimento ed emozione, basata sulla corporeità del soggetto e sulla sua risposta preriflessiva.

Recensioni

Giulio Iacoli, in Between, vol. 9, n. 18 (2019)

Valentina Cristini, in Loggia, n. 33 (2020)

Rome and the Feeling of History

It is a well-known fact that modern Western culture has been obsessed with the “past” for well over three centuries. The “story of history” – if we may indulge in this calembour – is a rather long one: we could perhaps synthesize it as an urge to expand Humanity’s rational control over anything that existed, both what was physically available and what was not – because far away in either space or time. In the classical age – that period of European culture that eventually culminated in the French Enlightenment – as maps emerged as a means of describing and measuring newly discovered territories, history was intended to crystallize in a univocal and centralized way events belonging to the past, but which nevertheless were understood as still actively exerting some form of influence. No human tool is more appropriate to this end than language: Michel Foucault describes the rise of language in that period as an all-encompassing system of rationalization, capable of making the absent present:

Language gives the perpetual disruption of time the continuity of space, and it is to the degree that it analyses, articulates, and patterns presentation that it has the power to link our knowledge of things together across the dimension of time. With the advent of language, the chaotic monotony of space is fragmented, while at the same time the diversity of temporal succession is unified (p. 113).

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